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Inflazione e guerra in Ucraina: come hanno cambiato l’economia e il mercato immobiliare

by immobiliarerivieradeicedri on 12 Gennaio 2023
Inflazione e guerra in Ucraina: come hanno cambiato l’economia e il mercato immobiliare
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La fine del 2021 si era già caratterizzata da un iniziale aumento nei prezzi energetici e dall’onda lunga degli aumenti nei costi delle forniture di materie prime seguiti alla pandemia, quando gli ordini di fabbrica erano diventati talmente numerosi da far impennare la domanda e arrancare l’offerta. Lo scoppio della guerra in Ucraina non ha fatto che inasprire la situazione, precipitando il mondo in una situazione difficile a livello economico. Ecco cosa è successo nel 2022.

Cos’è l’inflazione

Quando si parla di inflazione ci si riferisce innanzitutto all’aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi, che di conseguenza genera una diminuzione progressiva del potere di acquisto della moneta.

Si capisce quindi che, se l’inflazione attesa è alta, i tassi di interesse reali sono bassi e diventa più conveniente investire rispetto a detenere liquidità. In una situazione in cui l’inflazione attesa è molto alta, e nel caso la situazione sia non contingente ma strutturale, l’intervento della Bce, altrettanto strutturale, dovrà prevedere un aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, per limitare gli investimenti e di conseguenza la circolazione di moneta, e il suo deprezzamento.

L’inflazione attuale somiglia molto a quella che si definisce “stagflazione”, ovvero inflazione alta in un contesto di stagnazione economica. In questo contesto, le banche centrali non sono propense ad alzare i tassi di interesse, per non pregiudicare un livello di investimenti già difficile da tenere alto. Ecco perchè, se è vero è che in una situazione di inflazione molto alta solitamente le Banche Centrali intervengono alzando i tassi di interesse (per evitare l’eccessiva circolazione di liquidità e la conseguente perdita di potere d’acquisto), è anche vero che questo accade quando l’inflazione ha ragioni strutturali, legate ad una crescita economica in buona salute. Non è, purtroppo, questo il nostro caso.

Per capire quale sia la differenza tra inflazione e deflazione bisogna partire dal significato di entrambe. L’inflazione è il termine con il quale viene segnalato l’aumento continuo e generalizzato dei prezzi che tende a ripetersi nel corso del tempo, che corrisponde a un aumento della velocità di crescita dei prezzi. Al contrario, si parla di riduzione dell’inflazione quando i prezzi, pur aumentando, crescono una minor velocità. Con il termine deflazione, invece, viene indicato il fenomeno economico opposto, ovvero una prolungata e generalizzata riduzione dei prezzi. In linea generale questo scenario è accompagnato da una diminuzione della produzione o da un rallentamento della sua crescita. In ogni caso, la deflazione non va confusa con la disinflazione, che rappresenta invece un semplice rallentamento del tasso di inflazione.

Un altro fenomeno che si è concretizzato in questi mesi è stato quello legato alla shrinkflation, ovvero nelle confezioni che troviamo sugli scaffali e al solito, vecchio, rassicurante prezzo, in realtà viene messa una quantità inferiore di prodotto. Quindi in definitiva il prezzo non aumenta: diminuisce la quantità acquistata. Un piccolo inganno per non spaventare i consumatori mentre, in ogni caso, si scarica su di loro il peso dell’aumento dei prezzi.

L’inflazione e le sue conseguenze sull’economia

Le famiglie hanno fatto i conti con il caro benzina ma a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, il prezzo del carburante è salito alle stelle. Il pieno di benzina è diventato sempre più caro, in Italia ma non solo. Nei soli primi due mesi del 2022 è costato agli italiani quasi 50 euro in più rispetto allo scorso anno (+22%), secondo Facile.it. Il governo Draghi ha quindi pensato ad un bonus carburante.

“Se già nei primi due mesi dell’anno l’impatto dell’inflazione su materie prime e beni di consumo si era fatta sentire, – commenta Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research, – la guerra tra Russia e Ucraina ha introdotto ulteriori incertezze e spinto ancora più in alto i prezzi di petrolio, gas e prodotti agricoli con aumenti che non si sono ancora riversati interamente sul carrello della spesa. L’attuale dinamica dei prezzi fa pensare che non si tratti di un fenomeno temporaneo, ma che possa durare per diversi mesi. Nel contempo, la sostanziale stabilità dei salari determina una sensibile perdita del potere di acquisto, peggiorando la fiducia dei consumatori”.

L’incremento medio della retribuzione fissa registrato nel 2022 in Italia è pari al 3%, ma l’inflazione stimata a fine anno al 7% (Nadef) incide drasticamente su questo dato di crescita e porta il salario reale dei lavoratori dipendenti italiani quindi a diminuire del 4%. É il dato eclatante che emerge dall’Osservatorio sulla dinamica retributiva di WTW (ex Willis Towers Watson) che evidenzia come il potere d’acquisto degli italiani sia eroso dall’inflazione.

L’inflazione non è democratica: è anzi dimostrato che, se è vero che in media nei primi dieci mesi dell’anno il costo della vita è salito del 10,2 per cento (dati Istat), in alcune città e per alcune categorie di consumatori si è arrivati anche a superare il 17 per cento. È quanto calcola Moneyfarm, società di gestione del risparmio con approccio digitale, che ha utilizzato l’indicatore di “inflazione percepita” per affrontare la questione più urgente, oggi, per le finanze personali delle famiglie italiane.

Lo scenario Prometeia sconta una riduzione nel consumo di gas ed energia elettrica da parte delle famiglie di circa il 7% entro il 2023, sia perché l’aumento del loro prezzo ne scoraggia l’uso sia per rispettare le regole di risparmio previste dal piano del governo. Le famiglie che non hanno margini ulteriori di spesa dovranno comunque ridurre quella per consumi, e questo, associato a prospettive economiche incerte e a costi di produzione in rialzo, frenerà gli investimenti delle imprese. Inflazione e riduzione nei consumi portano pertanto a rivedere in modo netto la stima di crescita del Pil per l’anno prossimo dal +1.9% di luglio all’attuale +0.1%.

Le conseguenze di un aumento marcato dei prezzi potrebbero pesare soprattutto sul debito pubblico italiano. Nel dettaglio, l’inflazione può modificare il livello e la dinamica del debito pubblico tramite due canali principali: la crescita del Pil nominale e i tassi d’interesse sui titoli di Stato.

Nello specifico, la relazione tra inflazione e disoccupazione (o tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione) è di tipo inverso. Secondo la celebre teoria di Alban William Phillips, infatti, quando aumenta il numero di disoccupati il livello dei prezzi scende. L’economista neozelandese, nello specifico, notò una relazione tra la variazione dei salari monetari e il livello di disoccupazione nell’economia britannica.

Secondo il presidente del Consiglio Mario Draghi, “In campo energetico, le risposte strutturali sono due: un tetto al prezzo del gas e la rottura del meccanismo che unisce il prezzo del gas al prezzo dell’energia elettrica.

Inflazione e sanzioni alla Russia

Mentre si discuteva di nuove sanzioni contro la Russia, l’economia italiana e non solo doveva fare i conti sia col caro energia, sia con l’impatto delle esportazioni e importazioni venute meno, e quindi con la riduzione dei flussi di merci e materie prime provenienti da o indirizzate verso i Paesi in conflitto. Sono molti i rappresentanti dei diversi settori economici ad aver lanciato l’allarme: tra gli ultimi in ordine d’arrivo vi sono anche i produttori di vini di fascia alta che temono il mancato acquisto da parte dei ristoratori russi e persino i produttori di calzature destinati a essere commercializzati nelle boutique di lusso.

Naturalmente ci auguriamo tutti che la durata di queste sanzioni sia breve e che presto si trovi una soluzione alternativa. Tuttavia, se la situazione dovesse protrarsi, le conseguenze delle sanzioni alla Russia sull’economia europea, e italiana in particolare, sarebbero molteplici.

Inflazione e costo dei mutui

Il conflitto in Ucraina e l’inflazione galoppante hanno influenzato fin da subito i tassi di interesse sui mutui, con riflessi sul costo dei finanziamenti per acquistare casa. Uno studio di Codacons ha svelato quanto si spende in più per accendere un mutuo casa, soprattutto per quanto riguarda i giovani e i contratti trentennali.

Guerra in Ucraina e mercato immobiliare

Sono diversi gli effetti sul mercato immobiliare, non solo milanese ma nazionale, che sono emersi con la guerra in Ucraina.  “Da inizio anno, rispetto al quadro di fine 2021, stiamo verificando un rallentamento del numero delle trattative insieme ad una emergente incertezza, conseguenza della difficile situazione internazionale e alla lievitazione di costi. Inoltre, la guerra in atto ha già impattato con la perdita di clienti, russi ed ucraini, – spiega Beatrice Zanolini, segretario FIMAA Milano, Lodi, Monza e Brianza.

Federico Polidoro, dirigente del Servizio “Sistema integrato sulle condizioni economiche e i prezzi al consumo” dell’Istat, ha rimarcato come il “quadro generale di crescita con cui abbiamo concluso e siamo usciti dal 2021 rischia di subire i contraccolpi dovuti alla guerra in Ucraina, soprattutto per il profilarsi nuovamente di un orizzonte di incertezza sui comportamenti di spesa e di investimento da parte delle famiglie che sembrava ormai alle nostre spalle con la fuoriuscita dalla fase più grave dell’emergenza sanitaria. È però difficile prevedere lo scenario che si determinerà. Capiremo meglio quando a giugno prossimo l’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate diffonderà i dati delle compravendite del primo trimestre del 2022”.

Il mantenimento degli straordinari livelli transattivi raggiunti al termine del 2021, che fino a qualche settimana fa sembrava lo scenario più verosimile, appare oggi una prospettiva ottimistica”, si legge in un rapporto Nomisma.  “Nonostante il settore residenziale abbia recentemente dimostrato una straordinaria capacità reattiva, il secondo shock in meno di un biennio, non accompagnato da un adeguato dispiegamento di risorse finanziarie aggiuntive e da una politica monetaria marcatamente accomodante, potrebbe determinare un nuovo ridimensionamento”.

Secondo Piercarlo Rolando, AD RINA Prime Value Services, sul mercato immobiliare le conseguenze di quanto sta accadendo saranno inferiori rispetto a molti altri settori che probabilmente attraverseranno un periodo di crisi immediato, come quello energivoro ma anche quello del food o del turismo. Se da una parte le sanzioni sono uno strumento per garantire il rispetto della democrazia e della libertà dall’altra avranno su alcuni paesi che le hanno attivate pesanti ripercussioni economiche innescando una crisi economica e una sensibile riduzione del PIL. Il Real Estate risponde invece a logiche di mercato che si basano su cicli medio-lunghi, difficile vedere quindi una ripercussione nel breve termine.

In termini aggregati, – si legge nel Bollettino Bce di novembre, – e società interpellate hanno segnalato un marcato rallentamento dell’attività nel terzo trimestre, sostanzialmente in linea con una stagnazione. Anche l’edilizia residenziale e gli immobili commerciali hanno evidenziato un indebolimento, di riflesso agli elevati costi di costruzione e all’aumento dei tassi di interesse, mentre gli investimenti in infrastrutture hanno mostrato una maggiore tenuta.

Fimaa prevede un rialzo generale dei prezzi e del numero di compravendite per il 31% degli interpellati. Il 14,3% teme la riduzione del potere di acquisto dei salari (l’inflazione tuttavia potrebbe anche favorire l’acquisto di immobili) per i rincari dell’energia (che ha ripercussioni anche sui canoni di locazione) e gli aumenti dei costi delle materie prime.

Nessuna conseguenza invece sul mercato del turismo. Secondo Marco Celani, Ceo di Italianway, “Ci aspettavamo conseguenze sul turismo legati alla guerra in Ucraina, ma in realtà non è così: sia tra gli albergatori con cui abbiamo contatti, sia nell’ambito delle case in affitto breve, il tasso di prenotazione è altissimo, addirittura tutto esaurito per le festività di Pasqua. E questo a prescindere dalla location e dalla provenienza dei clienti, che provengono sia dall’Italia che dal nord Europa. Stiamo ad esempio registrando un massiccio ritorno dei tedeschi sul nostro mercato, il che è senz’altro molto positivo”.

Guerra in Ucraina e investimenti in criptovalute

Le  reazioni nei mercati in seguito all’invasione russa in Ucraina non si sono fatte attendere. Tra gli investimenti che più ne hanno risentito vi sono stati quelli in criptovalute. Subito dopo l’annuncio, il Bitcoin è infatti sceso sotto i 35mila dollari (34.431,80), mentre Ethereum sotto i 2.302,67 dollari. In realtà, tale tonfo non ha stupito chi è abituato a investire in criptovalute perché si tratta di strumenti per loro natura estremamente “volatili”. Discorso diverso invece per l’investimento in blockchain, che è la tecnologia alla base dello sviluppo delle criptovalute. Cerchiamo di capire perché con l’aiuto di Danilo Zanni, fondatore e amministratore della Ioinvesto SCF, società di consulenza finanziaria indipendente.

Chi si avvantaggia con l’inflazione?

Ma chi ci può guadagnare dall’inflazione? Ci sono dei casi in cui dell’inflazione si può beneficiare; in particolare parliamo di chi abbia debiti a tasso fisso contratti prima dell’impennata inflazionistica. Questo vale sia per il debito privato che per quello pubblico.

Chi ha un mutuo a tasso fisso, ad esempio, beneficia dell’inflazione: gli interessi che paga infatti sono ad un tasso ben inferiore al livello attuale dell’inflazione (non così contenti saranno invece i creditori, che si vedranno corrispondere un interesse il cui valore praticamente scompare se raffrontato all’inflazione di oggi).

Lo stesso si dica per i titoli di Stato: se sono stati emessi ad un tasso ben inferiore al livello di inflazione di oggi, chi li ha acquistati avrà dei ritorni dal valore decurtato, mentre chi deve rimborsarli farà il ragionamento opposto, beneficiando della situazione.

Investire in immobili contro l’inflazione

Può un investimento immobiliare essere un rimedio contro l’inflazione galoppante? Poiché gli immobili residenziali sono un elemento essenziale nella vita di tutti, e generano anche rendimenti, la risposta potrebbe essere: sì. Ma la protezione dall’inflazione non viene solo dagli immobili residenziali, bensì anche dalle azioni real estate.

Secondo Giuseppe Crupi di Abitare Co “Il legame tra incertezza e acquisto è legato alla situazione economica. Poniamo il caso di Abitare Co. che tratta cantieri solitamente in consegna entro due anni: non tutti hanno la certezza della propria disponibilità economica e della propria capacità di far fronte alle spese entro quel periodo. A maggior ragione a fronte di una inflazione e di tassi in rialzo come quelli odierni. Un modello che si ripercuote anche sulla società: non si sa nemmeno se la propria situazione lavorativa sarà la stessa nel tempo, e quindi si tende ad aspettare prima di acquistare. Ma in questo momento è una preoccupazione latente perché abbiamo ancora una domanda molto forte”.

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